Un film sulla vita di Vincenzo Casillo: la cura del sogno

Lo hanno chiamato Cacciaguida perché nella Divina Commedia è la figura che rievoca la purezza dei costumi antichi, con quella sua fusione di aspettative universali che si proiettano verso l’avvenire.
Lo chiamavano così Vincenzo Casillo, a 10 anni gli somigliava molto: ovunque posasse il suo sguardo era l’immenso. Cannelonga, Masino e Pinuccio, i suoi tre cari amici di sempre, vi rivedevano lo stesso sguardo fiero.


Da qui è partita la sua famiglia circa due anni fa.
Ha contattato il regista milanese Davide Del Mare e gli ha chiesto di imprimere una traccia. Per fissare il ricordo e tramandare i suoi valori più saldi alle nuove generazioni.
La giovane squadra di Lateral Film, un laboratorio creativo che da 10 anni opera in qualità di casa produzione video, ha accolto la sfida con rara sensibilità e impegno. E scegliendo alcuni tra i luoghi più suggestivi di Trani (BT), Candela (FG) e Cerignola (FG) ha ridisegnato la storia di Vincenzo Casillo, padre fondatore del Gruppo Casillo. 

In un campo di grano ogni spiga sembra sollevata dalle dita di uno scultore invisibile che lavora una materia fatta di cielo, oro e luce. Sono bravi i poeti, ma nel 1951 io ero solo un ragazzino e questi campi li chiamavo semplicemente casa”.
Il cortometraggio si apre così e insieme a tutta la luce e l’oro cattura lo spettatore fino all’ultima immagine, riuscendo a raccontare l’irraccontabile: odori, sapori, consistenze che scopriamo appartenerci in un legame atavico con le cose buone.
Si assiste a come si plasma e si nutre il sogno di un bambino attraverso il calore e il fascino della tradizione. Perché questo film solletica il sogno e stimola la cura del sogno.
A Vincenzo l’amore per il grano è stato insegnato da chi insegna l’amore per antonomasia: suo padre. Da lui ha imparato a pesarlo e valutarlo con le mani. Da lui ha appreso la conoscenza, con la lungimiranza di saperla arricchire attraverso l’intuito e il coraggio dell’innovazione. Con il desiderio dell’accrescimento e l’auspicio della grandezza. Ma sopratutto, con la gioia di costruire in virtù del bene di chi arriverà, avendo la certezza che meriterà tutta la fatica e tutto il buono.

Cacciaguida è il film di tutti, è la storia di un uomo semplice che è riuscito a credere, perseverare, costruire. E affidare. È il racconto in cui ognuno di noi si sente chiamato dal desiderio, consapevole o inconsapevole, di solidità, di unione, di conforto. Di famiglia.
Cacciaguida è uno spazio intimo e magico dalle tinte calde, dove i valori più elementari eppure più indispensabili tornano ad essere legittimati: l’amicizia, il diritto alla scoperta, l’appartenenza, l’amore. Uno spazio dove non ci sono segreti, dove l’unica regola è l’autenticità.
Una profonda generosità emerge da ogni dettaglio, nei confronti delle persone, non necessariamente conosciute, e nei confronti del suo territorio, a cui sempre Vincenzo è stato riconoscente e che sempre ha considerato una delle sue priorità.
Non si è mai mostrato indifferente alle richieste di aiuto, non è mai stato capace di dire no. Dentro abiti modesti, usando poche parole discrete e qualche stretta di mano, ha sempre mosso passi grandi, facendo appello all’istinto e all’esperienza.


Le inquadrature e i movimenti della macchina da presa nel cortometraggio si ispirano ad alcuni maestri del cinema italiano che in passato si sono cimentati nel racconto per immagini di situazioni e personaggi simili a questo film. La telecamera prende vita come in alcuni film di Bertolucci, con lenti e lunghi carrelli ad enfatizzare la solennità di alcuni momenti cruciali vissuti da Vincenzo bambino. 
Il periodo storico, l’atmosfera, la scenografia e la capacità di dirigere un protagonista così giovane si ispira ad alcuni lavori di Tornatore, riconoscendo la massima attenzione ai dettagli dei costumi, dei dialetti e alla selezione di volti vissuti, per aiutare lo spettatore a collocarli esattamente negli anni in cui la storia è accaduta.
Il cast è composto interamente da attori pugliesi, la sceneggiatura appartiene a C.A. Bassetti. 
La fotografia di Matteo De Martini, grazie all’uso di una macchina da presa cinematografica, rievoca “Io non ho paura” di Salvatores, colui che meglio di chiunque altro ha saputo raccontare i paesaggi di grano del nostro sud. 
In ultimo la bellissima colonna sonora appartiene a Michael Stevens, compositore premiato ad Hollywood che ha realizzato colonne sonore per numerosi film di Clint Eastwood. È una colonna sonora che ha lo stesso sapore di un tempo sospeso che inizia e finisce lì dove inizia e finisce una corsa in bicicletta, una giornata al mare, un bacio. E trascina con la stessa autentica forza di un’emozione antica che appartiene a tutto e tutti. 

La terra produce il grano, ma l’uomo produce il sogno del grano”.
Questo l’auspicio che Vincenzo Casillo ha lasciato. Queste le parole che chiudono il cortometraggio come in un saluto, timido ma incisivo. E questo ci rimane addosso, insieme al desiderio di affidare al vento e alla luce il nostro per lui.